Giallo Pompeiano

Anno: 2011

Autori: Carannante S., Civetti F., Omarini S., Schiano Lomoriello F., Zolfo P.

Affiliazione autori: Università Suor Orsola Benincasa;Istituto Nazionale di Ottica – CNR; Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.

Abstract: Nel XXXV libro del “De rerum natura”, dedicato alla pittura ed ai pigmenti, Plinio spiega che l’ocra rossa si può ottenere da quella gialla arroventando quest’ultima nei forni. Il procedimento di calcinare ed arroventare era assai noto ai Romani che già ottenevano la “usta” (il nostro minio) che è un rosso di piombo, riscaldando la “cerussa” (la nostra biacca) che è un bianco di piombo e tale tecnica, descritta da Plinio si rifà a Vitruvio ed addirittura a Teofrasto. Scaldare per trasformare o perlomeno per mutare i colori e, si noti bene, mutare in modo stabile sì da usarli come pigmenti è procedimento assai comune tanto che il termine latino “usta” è addirittura ambiguo indicando a volte il rosso minio ed a volte l’ocra rossa. La presenza, nel contesto Vesuviano, di zone di pareti intonacate ed affrescate in giallo trasformate in rosso per effetto della temperatura dovuta ai fenomeni eruttivi è cosa ben nota e riscontrabile da qualunque attento visitatore. Si tratta naturalmente di pareti affrescate con ocra gialla trasformatasi in rossa a causa dell’eruzione. Recentemente sono stati prodotti, e si stanno ancora producendo, molti studi volti all’indagine della dinamica di tale trasformazione studiando parametricamente materiali (i diversi tipi di ocra), temperature, velocità di riscaldamento, tempo di permanenza in temperatura e via così. Sono state fatte anche misure su pezzi di intonaco originale per verificare la bontà delle estrapolazioni con misure “reali”. Il rosso Pompeiano è un colore, o meglio, una gamma di colori. Non è definito dal punto di vista colorimetrico né come tavola di riferimento né come coordinate. Alcune enciclopedie o dizionari lo definiscono come “tipico rosso usato per la maggior parte degli sfondi delle pitture parietali di Pompei”. Altre si cimentano in inesatte definizioni come pigmento definendolo come rosso ottenuto da composti di mercurio o di ferro (il che è vero se si tratta di ocra). Tutti sanno che si intende quel rosso un po’ cupo che si vede, come appunto dice qualche enciclopedia, nella maggior parte degli sfondi delle pitture parietali di Pompei. Da un punto di vista colorimetrico, anche se sarebbe necessario uno studio più sistematico, facendo riferimento come esempio a misure eseguite su pareti della Villa dei Papiri ad Ercolano [1], le zone definibili “rosso Pompeiano” stanno nella seguente forchetta di valori: 35Titolo Convegno: Colore e colorimetria
Luogo: Roma

Parole chiavi: Ercolano; Ocra; Eruzione